Nell’agenda del prossimo mandato istituzionale europeo, dopo le elezioni, scrive su Avvenire Alessandro Rivera, c’è anche il progetto dell’euro digitale che tocca uno dei fondamenti dell’Unione: la sua moneta. Si tratta di un elemento ormai insostituibile delle nostre organizzazioni sociali e della stessa civiltà, ed è cambiata molto e diverse volte nel corso della
storia. Da un lato per rispondere a esigenze nuove, dall’altro innescando essa stessa profonde innovazioni nelle dinamiche di sviluppo, se non veri e propri cambi di paradigma culturale ed economico. Basta pensare alla creazione di moneta privata da parte delle prime banche, durante il Rinascimento e a quanto questo sia stato determinante per l’avvento di capitalismo e industrializzazione, annota Rivera. O alla fine del “gold standard” e dell’ancoraggio del dollaro all’oro, ormai una zavorra, che si è rivelato un passaggio fondamentale per lo sviluppo della finanza internazionale come motore della globalizzazione.
Ebbene, sono stati entrambi casi di cambiamento di alcune caratteristiche della moneta. E la moneta sta per cambiare di nuovo: tra il 2025 e il 2026 dovrebbe arrivare l’euro digitale. La moneta digitale in Europa e ovunque nel mondo esiste da decenni, è vecchia quanto il bit o poco meno. La usiamo tutti i giorni, per tenere il denaro sui conti bancari, come scritture digitali, o per pagare, con bonifico, carta di pagamento, telefono, o anche
con l’orologio. La liquidità detenuta nei depositi bancari – e quindi come moneta digitale – è quasi dieci volte quella detenuta in moneta fisica, che potremmo anche chiamare analogica, e cioè le banconote e le monete
metalliche.
Ma la moneta digitale che conosciamo oggi è moneta privata, creata dalle banche commerciali, mentre l’euro digitale sarà la moneta pubblica, emessa dalla Banca centrale europea. La moneta digitale emessa dalla Bce diventerà l’attività finanziaria più sicura in circolazione. Non solo: la decisione di emettere una moneta digitale pubblica implica anche l’ingresso della Banca centrale, in concorrenza, in un ambito di servizio oggi presidiato da soggetti privati. È quindi anche una decisione molto politica sul confine tra Stato e mercato, e certamente le posizioni attuali di Stati Uniti e Cina riflettono anche la distanza tra le rispettive culture politiche ed economiche. In questa delicata valutazione, ci sono sicuramente diversi rischi e opportunità di cui tenere conto, ben oltre il piano delle politiche monetarie.
Consideriamone alcuni. In primo luogo, occorre tenere presente che la moneta della banca centrale è il fondamento del sistema monetario. Le forme di moneta privata in circolazione usano la moneta pubblica
come unità di misura, e debbono poter essere convertite in ogni momento in moneta di banca centrale. È questa possibilità che preserva la stabilità del sistema monetario, fondato sulla fiducia, e che non ci sarebbe più in un mondo senza contanti e senza moneta digitale pubblica. L’emissione dell’euro digitale richiede la costruzione di un’infrastruttura tecnologica che connetta tutti gli utenti, per fare pagamenti. Essa si affiancherà alle infrastrutture private esistenti in un rapporto di complementarità e alternativa, esercitando una pressione competitiva nei confronti dei privati, e incentivandoli a migliorare i servizi e a ridurre i costi per gli utenti. In un mercato europeo dei servizi di pagamento – che resta per un verso ancora frammentato e per altro verso dominato da pochi operatori extraeuropei – una nuova infrastruttura paneuropea avrebbe anche valenza dal punto di vista dell’integrazione e dell’autonomia strategica. I servizi di pagamento stanno attraversando, già da qualche anno, una fase di forte innovazione. L’infrastruttura che si sta costruendo dovrebbe assecondare questa spinta innovativa e non inibirla. Come detto, la banca centrale entra in una
sfera fino a oggi presidiata solo dal mercato. La Bce non intende sostituirlo, ma ambisce semmai a diventare un fattore abilitante: l’infrastruttura alla base dell’euro digitale permetterebbe alle imprese più dinamiche e innovative di offrire a famiglie e aziende servizi connessi al pagamento in un mercato di dimensione continentale. Diviene dunque evidente come il potenziale sia notevole. Come ha spiegato il governatore di Bankitalia Fabio Panetta, che ha gestito per l’Eurosistema il progetto della moneta digitale dal Comitato esecutivo Bce, la nuova moneta non dovrà avere “troppo” successo, spiazzando i servizi offerti dal mercato, ma dovrà avere “abbastanza” successo per essere usata da famiglie e imprese europee giacché crea per loro valore. È un esercizio non semplice: i Paesi che sono più avanti nella sperimentazione di monete pubbliche digitali hanno avuto risultati inferiori alle aspettative, incontrando in genere un gradimento ancora basso. Ma ci sono ottime ragioni per augurare all’Europa un migliore esito.
Si parla continuamente di integrazione dei mercati finanziari dell’Unione europea: mercato dei capitali e mercato finanziario e fiscale sempre più integrati sembrano essere diventati il sacro Graal delle politiche comunitarie. Ed effettivamente l’esistenza di un’unione monetaria priva di un forte mercato dei capitali rappresenta una innegabile debolezze dell’Ue, che si vede tra l’altro ancora divisa in 27 regimi fiscali diversi.
Dunque dovrebbe solo far esultare gli europeisti più convinti, ma anche chi crede ancora nel libero mercato e nel capitalismo equo come fonte di sviluppo e crescita, la notizia di una costruzione ormai molto avanzata dell’euro digitale. Perchè è questo che si intende quando si dice che euro digitale significa anche più Europa, ovvero maggiore integrazione come fondamentale motore di crescita.
La sfida della geopolitica monetaria non può essere persa e all’Eurotower ne sono perfettamente consapevoli: l’assenza di una moneta digitale, oggi, rappresenta un’evidente lacuna e l’uso crescente di strumenti elettronici per i pagamenti (il che è ottimo anche per evitare l’evasione fiscale) spinge in questa direzione. Dunque, salvaguardare il ruolo dell’euro significa anche creare un’infrastruttura digitale per i cittadini.
Inoltre, l’euro digitale darebbe ulteriore autonomia strategica all’Ue grazie ad una rafforzata sovranità monetaria. Non solo: un euro digitale sarebbe foriero di ulteriori innovazioni da parte dei fornitori di servizi di pagamento privato, consentendo la semplificazione della vita dei cittadini in Ue che potrebbero usufruire di uno strumento di pagamento sicuro e accettato in tutti i 27 Paesi dell’area.
La fase di indagine del progetto “euro digitale” è durata circa 24 mesi, concludendosi nell’ottobre 2023. Il 18 ottobre scorso infatti il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di passare alla fase di preparazione e sperimentazione dell’euro digitale. Questa fase, che potrebbe richiedere circa tre anni, getterà le basi per un potenziale euro digitale.
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