Stefano Lepri, su La Stampa, scrive che se si vuol fare professione di ottimismo restando seri, non bisognerebbe mai tapparsi gli occhi di fronte a quello che non va.
Ebbene, alle sue prime «considerazioni finali» da governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta ha sottolineato che «nell’area dell’euro, l’economia italiana è quella con la minore crescita del Prodotto per abitante nell’ultimo quarto di secolo». Da circa venti anni ci si domanda se l’Italia sia in declino, e ora il declino si vede: «Il reddito reale disponibile delle famiglie è fermo al 2000, mentre in Francia e in Germania da allora è aumentato di oltre un quinto». Tuttavia, alcuni degli stessi indicatori che a lungo ci hanno preoccupati lo inducono a sperare: «Sembrano oggi dirci che un’inversione di tendenza è possibile». La crisi finanziaria mondiale del 2007-2008 aveva aperto un lungo periodo difficile; negli ultimi anni però l’Italia si è risollevata meglio dal Covid rispetto ai Paesi vicini; crescono gli occupati e la grande novità è che anche il Mezzogiorno va bene; finalmente recuperano gli investimenti; imprese e banche sono più solide e l’automazione avanza.
Il quesito è: durerà? Due freni pesanti, pesantissimi, sono all’opera: primo, la popolazione diminuisce, e farà mancare braccia e menti; secondo, i giovani soprattutto se laureati emigrano, perché all’estero si guadagna di più (almeno il 20%) e si fa più rapidamente carriera. In oltre mezzo milione se ne sono andati, mentre fra quelli che restano troppo pochi si laureano; inoltre, troppo poche donne lavorano. I consigli di Panetta al governo e al Parlamento sembrano davvero distanti dalla campagna elettorale in corso.
Potrà aiutarci un flusso maggiore di immigrati regolari, dice, da gestire certo con cautela, ma soprattutto sarà importante uno sforzo per l’innovazione tecnologica, in particolare per l’istruzione data la grave scarsità di lavoratori con livelli di competenza elevati.
Gran parte della politica italiana considera vessatorie le nuove regole europee sul deficit degli Stati. Il governatore qui spiega che il problema è tutt’altro: se non si arriva a un bilancio comune dell’area euro, capace di finanziare investimenti di mutuo interesse, «qualunque riforma che intervenga solo sulle politiche nazionali rischia di fare apparire le regole europee sbilanciate verso il rigore». Forse «siamo una società già invecchiata, che stenta ad adattarsi ai cambiamenti in atto». Per Panetta rafforzare l’Europa è attualmente l’unica via attraverso cui l’Italia possa contare di più nel mondo: «Oggi l’avanzamento dell’integrazione europea è la risposta ai mutati equilibri geopolitici e al rischio di irrilevanza a cui i singoli Stati membri sarebbero altrimenti condannati». Nessuna illusione, dunque, che allentando i vincoli europei qualcosa possa andare meglio. Se all’inizio del secolo assieme all’euro si fossero fatti (di resistenze ce n’erano anche dentro la Banca d’Italia) unione bancaria, bilancio comune e mercato dei capitali integrato, Panetta ha buoni motivi per dire che «l’Europa avrebbe potuto rispondere meglio alle crisi degli ultimi quindici anni».
Demografia in calo, fuga di cervelli, scarsa alta formazione nel capitale umano, bassa occupazione femminile, alto debito pubblico, immigrazione poco qualificata: i mali dell’Italia sono noti e il governatore di Bankitalia Panetta non ha esitato a ricordarceli senza remore.
Far ripartire le nascite e aumentare l’occupazione femminile sono due facce della stessa medaglia: maggiori servizi per il welfare e sostegni alle famiglie permetterebbero di dare un boost alla demografia e, allo stesso tempo, incoraggiare l’occupazione femminile (risolvendo anche il problema dell’eccesso di spesa pensionistica).
Allo stesso tempo, l’immigrazione può essere gestita con maggiore pragmatismo e meno slogan puntando su entrate regolari di individui con alti livelli di istruzione.
Le soluzioni ci sono ma richiedono tempo, maturità, responsabilità e sacrifici, non frasi a effetto per scopi elettorali.
Lo stesso vale per l’Europa: la gestione degli epocali flussi migratori, degli investimenti nel digitale e nell’ambiente, così come della mutevole situazione geopolitica (che richiede anche maggiori investimenti nella difesa) possono essere affrontati solo con una maggiore integrazione europea. Non meno. I vincoli europei, inoltre, sono un fondamentale paletto di rigore di cui il nostro Paese non potrebbe che beneficiare.
Una società che invecchia, al limite dell’irrilevanza mondiale, può essere risollevata solo se il Paese rafforza il suo essere membro dell’Ue con maggiori riforme che spingano verso una ulteriore unione fiscale e monetaria.
Panetta non ha dubbi: l’Europa deve essere più unita, emettere bond comuni, aumentare gli investimenti sulla difesa comune, l’indipendenza energetica e digitale e gestire unitariamente i flussi di migranti necessari per fare fronte all’invecchiamento della sua popolazione. Posizioni chiare così come quelle bancarie a favore dell’unità bancaria.
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