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Se il concordato per il forfettari risulta nebuloso
16 Luglio 2024 Confartigianato Puglia

Come riporta Giuliano Mandolesi su ItaliaOggi, allo stato attuale sono davvero ancora numerose le incognite, mentre le certezze sono poche: è in questo scenario che parte (a fatica) il concordato preventivo biennale per i forfettari.
In attesa della pubblicazione del software che consentirà ai forfettari la quantificazione e l’eventuale adesione alla proposta del fisco, restano ancora da chiarire le conseguenze in caso di superamento della soglia sia degli 85 mila euro sia dei 100 mila euro, da definire l’applicabilità dell’Iva una volta splafonata la soglia dei 100mila euro e da circoscrivere platea dei soggetti a forfait che avranno effettivamente accesso al patto.
L’unica certezza è che l’accordo con il fisco sarà valido in via sperimentale solo per l’anno 2024 ma non sono chiare le modalità con le quali verrà determinato il reddito proposto ai potenziali fruitori forfettari.

E’ noto che ai sensi dell’articolo 1 comma71 della legge 190/2014 (che disciplina il forfettario) il regime agevolato cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui il contribuente supera gli 85 mila euro di ricavi e compensi (incassati) e nell’anno stesso di applicazione qualora il forfettario superi la soglia dei 100 mila euro. Come specificato ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo numero 13/2024 (che disciplina ed ha introdotto il concordato preventivo biennale) per i forfettari “gli eventuali maggiori o minori redditi ordinariamente determinati, rispetto a quelli oggetto del concordato, non rilevano, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi nonché dei contributi previdenziali obbligatori”. Interpretando letteralmente la disposizione poc’anzi citata sembrerebbe che l’adesione al concordato preventivo biennale disinneschi (durante l’anno concordatario) le conseguenze derivanti dall’eventuale superamento delle soglie a 85 mila o 100mila euro di ricavi e compensi rilevando “fiscalmente” solo il reddito “patteggiato” con l’Agenzia delle Entrate.
Il citato comma 71 specifica che i forfettari che nell’anno superano i 100mila euro di ricavi e compensi hanno l’obbligo di applicazione dell’Iva a partire dalle operazioni che superano tale limite. Va ricordato che ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo 13/2024 1’adesione al concordato non produce effetti a fini dell’imposta sul valore aggiunto, la cui applicazione avviene secondo le regole previste per i contribuenti che aderiscono al regime forfetario. Quindi il paradossale effetto che si dovrebbe generare in caso di superamento dei 100mila euro in fase di concordato preventivo è che tale valore assumerebbe rilevanza ai fini Iva ma non ai fini delle imposte dirette valendo invece il reddito “patteggiato”. Per quel che riguarda invece la platea degli esclusi, il correttivo approvato dal Governo al decreto legislativo 13/2024, ma non ancora definitivo, ha previsto nuove cause di esclusioni tra cui una che interessa i soggetti che utilizzano il forfettario. All’articolo 11 comma 1 del digs 13/2024 infatti dovrebbe essere innestata la nuova lettera b-ter secondo cui non possono applicare il concordato i soggetti che nel primo anno del patto aderiscono al regime agevolato. Appare quindi chiaro che ad oggi non è assolutamente definita la platea dei forfettari che potranno aderire alla proposta dell’Agenzia delle Entrate.
Inoltre, i forfettari, non indicando al fisco dati particolari se non quelli su alcune spese sostenute da esporre nel quadro RS, avranno di fatto una proposta reddituale costruita anch’essa a forfait, ancora tutta da rilevare, e che dovrebbe partire da moltiplicatori abbinanti ai codici ateco con una rivalutazione da Pil.

 

In attesa della pubblicazione del software che permetterà ai forfettari, con grande chiarezza, di poter analizzare meglio lo scenario, magari decidendo una possibile adesione alla proposta del fisco, rimangono ancora estremamente nebulose le conseguenze in caso di superamento della soglia sia degli 85mila euro sia dei 100mila euro; rimane da definire l’applicabilità dell’Iva una volta superata la soglia dei 100mila euro; e resta ancora da individuare la platea dei soggetti a forfait che avranno reale accesso al patto.
Tutto questo rimane ancora nel campo delle ipotesi e supposizioni. Le modalità per definire con precisione la proposta dell’Agenzia delle Entrate rimangono dunque vaghe.
L’unica certezza? La validità solo per il 2024 del patto, che dovrebbe appunto agevolare la gestione fiscale.
L’obiettivo del concordato era proprio quello di stabilire un accordo tra il contribuente e il Fisco per definire in via preventiva l’importo delle imposte da pagare per un periodo determinato. È uno strumento volto a facilitare l’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti, consentendo loro di concordare con l’Agenzia delle Entrate il reddito d’impresa o di lavoro autonomo per i due anni successivi. In cambio, i contribuenti che aderiscono al concordato beneficiano di una maggiore stabilità fiscale e della sospensione di eventuali accertamenti futuri, come spiega anche QuickFisco. Che spiega anche come dovrebbe funzionare per i forfettari: l’Agenzia delle Entrate formula una proposta per il reddito per il 2024 (reddito concordato). La proposta consiste in un valore che si basa sul reddito dichiarato nell’anno precedente (2023) e su altri parametri stabiliti dall’AdE tra cui l’andamento del settore in cui il contribuente opera.
Su questo reddito concordato saranno calcolate le imposte per il 2024 secondo le aliquote classiche previste dal regime forfettario (5% o 15%). Inoltre, se il reddito concordato per il 2024 è maggiore dell’ultimo reddito dichiarato nell’ultimo periodo d’imposta (2023), il reddito eccedente sarà assoggettato ad un’imposta sostitutiva pari al: 3% qualora l’aliquota dell’imposta sostitutiva forfettaria fosse del 5%; 10% qualora l’aliquota dell’imposta sostitutiva forfettaria fosse del 15%.

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