Scrive Barbara Zanardi, su Il Sole 24 Ore, che lo standard volontario di rendicontazione sulla sostenibilità per le Pmi non quotate (Vsme), elaborato dall’Efrag (rimasto in consultazione fino al 21 maggio 2024) rappresenta un utile strumento per un gran numero di micro, piccole e medie imprese che, pur non essendo obbligate a redigere il report di sostenibilità, si trovano a dover rispondere alle richieste informative che vengono loro rivolte da banche, organismi di regolamentazione o altre imprese facenti parte della medesima catena del valore. Tale standard (giuridicamente non vincolante) coinvolge la quasi totalità delle imprese italiane che si stima ricadono nella definizione di Pmi della direttiva 2013/34/Ue.
Tali imprese sono escluse dall’ambito di applicazione della Csrd (Corporate sustainability reporting directive) – in vigore dal gennaio 2023: il decreto legislativo di recepimento è atteso oggi sul tavolo del Consiglio dei ministri – e dunque non sono obbligate a redigere il report di sostenibilità ma sono invitate ad utilizzare lo standard Vsme nel quale, pur essendo trattate le stesse questioni di sostenibilità degli Esrs, sono definite le informazioni ritenute “proporzionate” alle caratteristiche delle Pmi.
La bozza dello standard – del quale è disponibile una traduzione non ufficiale dell’Oic – comprende tre moduli che l’impresa può utilizzare per la redazione della propria relazione sulla sostenibilità. Il primo è il Modulo base, pensato per le micro-imprese, e costituisce un requisito minimo anche per imprese piccole e medie che oltre a questo Modulo possono scegliere di compilare il Modulo narrativo-politiche, azioni e obiettivi (Pat) e/o il Modulo partner commerciali (Bp). Nel modulo Base non è richiesta la valutazione della rilevanza (traduzione di materiality), ma le informazioni devono essere fornite quando sono applicabili alle circostanze specifiche dell’impresa. Il modulo Pat è suggerito per le imprese che hanno formalizzato e implementato politiche, azioni e obiettivi di sostenibilità. Il Modulo Bp individua i dati da riportare che è probabile siano inclusi nelle richieste di finanziatori, investitori e clienti. Per questi due Moduli è necessario valutare quali delle questioni di sostenibilità sono rilevanti per l’attività e l’organizzazione dell’impresa e devono, pertanto, essere rendicontate. Per farlo, si devono considerare due dimensioni: la rilevanza dell’impatto e la rilevanza finanziaria (cosiddetta analisi della doppia materialità).
Premesso che i principi generali per la redazione del reporting (volontario) sulla sostenibilità, prevedono che le informazioni fornite debbano essere pertinenti, fedeli, comparabili, comprensibili e verificabili, nel Modulo base dopo alcune informative “preliminari”, sono previste informazioni su alcune “metriche” relative all’ambiente e in particolare i propri consumi energetici e l’emissione di gas serra, le eventuali emissioni di sostanze inquinanti, gli impatti sulla biodiversità, sugli ecosistemi e sull’uso del suolo, il consumo idrico, le modalità di gestione delle risorse e dei rifiuti e di applicazione dei principi caratteristici dell’economia circolare. Per le metriche relative alle questioni sociali, nella bozza di standard sono previste informazioni relative alle caratteristiche generali della forza lavoro, alla salute e sicurezza (numero di infortuni sul lavoro e dei decessi per infortuni e malattie professionali), alla retribuzione, contrattazione e formazione (presenza di contratti collettivi, divario percentuale di retribuzione tra i dipendenti di sesso femminile e maschile, cosiddetto genderpaygap, ore di formazione), al processo – se disponibile – per identificare lavoratori nella catena del valore, comunità o consumatori e utilizzatori finali che possono essere impattati negativamente dalle operazioni dell’impresa. Se sussistono e vengono identificati, l’impresa può anche descriverne i tipi di impatti. Infine, con riferimento alla condotta delle imprese, è prevista l’indicazione del numero di condanne e l’importo totale delle sanzioni pagate per la violazione delle leggi sull’anticorruzione attiva e passiva.
L’Efrag, come si legge su Il Sole 24 Ore, ha ideato gli schemi di rendicontazione per le piccole e medie imprese.
In sostanza, le Pmi – anche se non obbligate – sono chiamate a rispondere alle richieste informative. In base alla Direttiva 2013/34/Ue – a cui sono chiamati a conformarsi tutti gli Stati membri dell’Unione europea entro il 24 dicembre 2024 – prevede, a partire proprio da quest’anno, tre categorie di piccole e medie imprese in base al totale dell’attivo dello stato patrimoniale, ai ricavi delle vendite e delle prestazioni e al numero medio di dipendenti durante l’esercizio, con moduli su misura per micro (non supera i 450.000 di totale dell’attivo dello stato patrimoniale; 900.000 euro di ricavi delle vendite e delle prestazioni e 10 dipedenti occupati in media durante l’esercizio), piccole (se non supera i 5 milioni di totale dell’attivo dello stato patrimoniale; 10 milioni di ricavi delle vendite e delle prestazioni o i 50 dipendenti occupati in media durante l’esercizio) e medie imprese (se non supera i 23 milioni di totale dell’attivo dello stato patrimoniale; i 50 milioni di ricavi delle vendite e delle prestazioni e i 250 dipendenti occupati in media durante l’esercizio).
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